Safeguarding nello sport: le regole interne per essere sostenibili

Stabilire una governance efficace e coerente con i principi propri di un’organizzazione è il primo passo per far crescere una struttura solida e credibile: il mondo dello sport attraverso il safeguarding.

Coni, Casa Italia
Governance e sostenibilità
Image credit: Luca Pagliaricci CONI

Nel mondo sportivo, il safeguarding è l’applicazione di una tendenza di governance interna già in atto da tempo nel mondo dell’impresa.

Negli ultimi decenni, infatti, i modelli organizzativi aziendali si sono evoluti incorporando principi generali che parlano di lealtà, correttezza, trasparenza e rispetto. Concetti importanti, ma al tempo stesso terreno scivoloso per il rischio di retorica e di mancanza di coerenza tra quel che si dice e quel che si fa.

I riferimenti normativi più conosciuti sono i Codici di Condotta e il Modello Organizzativo 231, che prende il nome dal suo riferimento di legge, il D. Lgs. 231/2001.

Da queste basi è partita la riforma dello sport, introdotta con il D. Lgs. 39/2021, su impulso del CONI. Con questa, le federazioni sportive italiane sono state chiamate a un lavoro di analisi interna, che potesse mettere in luce i potenziali rischi connessi all’attività svolta, i relativi strumenti per prevenirli e, se del caso, i rimedi necessari a riparare il danno.

Perché è necessario fare safeguarding

Lo sport dovrebbe essere per definizione un luogo sicuro, a maggior ragione se chi lo pratica è ancora giovane. Tuttavia, quello sportivo non è un microcosmo estraneo alla società: non c’è un muro che separa o protegge ragazze e ragazzi da “tutto il mondo fuori”.

La storia recente dello sport internazionale ha purtroppo confermato questo dato di fatto, facendo emergere diversi casi di abuso su atlete e atleti, con l’ulteriore aggravante di avere spesso come responsabile quello staff tecnico che dovrebbe proteggere e stimolare chiunque si approcci a una disciplina sportiva, non certo danneggiarlo.

Individuare delle procedure rigorose che possano minimizzare questi rischi è il minimo che una Federazione possa fare, ma questo è solo il punto di partenza. Quel che viene istituito è un approccio ispirato alle logiche di miglioramento continuo.

L’analisi interna che porta a predisporre determinate procedure è infatti soggetta a revisioni periodiche, così da assicurare un costante aggiornamento delle misure di prevenzione, e a una continua opera di formazione interna, affinché tutti abbiano piena contezza dei principi che guidano l’organizzazione.

Di particolare importanza è la possibilità di segnalazione che viene data a quello che si presenta come l’anello debole di questa catena: la persona che ritiene di aver subito un abuso, o di vivere una condizione di disagio dovuta al comportamento di terzi può segnalare la fattispecie, attivando un’investigazione interna che possa fare emergere criticità ed eventuali responsabili.

Discernere azioni senz’altro punibili quali molestie, violenza fisica o psicologica da altre lecite dovrebbe essere un compito di facile risoluzione. Esiste però una zona grigia nella quale la distinzione può non essere così netta.

Definizioni quali “abuso dei mezzi di correzione”, “omissione di assistenza” o “negligenza” lasciano necessariamente indefiniti i contorni di azioni che vanno valutate con cura, al fine di individuare e reprimere quelle illecite, lasciando invece spazio a comportamenti che, pur in un contesto di severità, rispettino appieno l’integrità psico-fisica delle atlete e degli atleti a cui quelle azioni sono rivolte.

Proprio per questo è utile che le linee guida e i principi ispiratori, comuni a tutte le federazioni e previsti dalla normativa nazionale, vengano poi specificati e implementati da ogni ente, adeguandoli alle peculiarità delle varie discipline sportive.

Le tempistiche di adozione di questi modelli organizzativi variano a seconda della federazione considerata: senza scendere nei particolari legati al singolo ente, quel che si può constatare è un progressivo allineamento di tutto lo sport italiano a tematiche non più eludibili e che, anzi, richiedono uno sforzo condiviso affinché la pratica sportiva soddisfi i requisiti formativi, sociali, ludici e aggregativi che si pone.

La rilevanza della Governance nella strategia ESG

L’organizzazione interna è spesso vista come un insieme di norme e procedure amministrative che garantiscono il corretto funzionamento di un certo ente, come ingranaggi necessari al movimento di una macchina. Ma non è tutto qui: una corretta governance risponde anche alle esigenze di sostenibilità richieste a qualsiasi organizzazione.

Solo un insieme di regole che rispetti i diritti fondamentali delle persone può essere efficace nel lungo periodo. Situazioni “tossiche”, che compromettono l’equilibrio all’interno di qualsiasi organizzazione – da un semplice club di amatori alla più articolata delle federazioni – sono invece fondamenta fragili, se non guaste, di una costruzione che non può durare nel tempo.

Essere sostenibili è un obiettivo alto, rivolto all’esterno e con orizzonti praticamente illimitati. Ma le basi di questo percorso devono essere chiare e condivise all’interno fin dall’inizio.

Solo così la “G” dell’acronimo ESG assume un senso compiuto e coerente con i principi di sostenibilità.