Golf e sostenibilità: quando lo sport è green dentro e fuori dal campo

Golf e green: un binomio classico se si pensa alle 18 buche ma ancora poco conosciuto se declinato in termini di attenzione all’ambiente.

Open Golf Italia
L'impegno della FIG
Jacopo Vecchi Fossa (Credit Image: Federgolf)

Pensare al golf fa venire in mente due pensieri, vicini eppure all’apparenza antitetici: una disciplina che si pratica a stretto contatto con la natura, ma al tempo stesso uno sport elitario, dispendioso in termini di manutenzione del green e fabbisogno d’acqua.

Da pochi altri sport traspare un’idea di eleganza ed esclusività come in questo: splendide locations, club house in stile perfetto, un drink alla moda per recuperare le energie dopo le canoniche 18 buche. Difficile associare a questo lusso l’idea di efficienza e attenzione all’ambiente.

Eppure, la sostenibilità è un universo variegato, in cui ogni soggetto coinvolto è chiamato a fare quel che può.
Da solo non vince nessuno; se ognuno fa quel che può, invece, il vantaggio è comune a tutti.

È la stessa Federazione Italiana del Golf – FIG – a far notare come esigenze economiche e ambientali siano tutt’altro che in contrasto tra loro: «Sostenibilità ambientale vuol dire anche migliore sostenibilità economica, poiché l’indotto derivante dal corretto utilizzo delle risorse naturali dimostra quanto la sinergia tra ambiente e sviluppo possa essere il reale futuro».

Con questa idea la Federazione ha voluto porre attenzione all’impatto della pratica sportiva sul territorio in cui si inserisce, stimolando gli aspetti di ecoturismo associati alla pratica della disciplina.

La Federazione mette a disposizione dei circoli associati linee guida e protocolli che mirano alla creazione di percorsi ecosostenibili, guidando i club interessati al rispetto di protocolli e standard sviluppati a livello internazionale e capaci di contemperare le esigenze legate all’esperienza sportiva con quelle più attente a flora e fauna circostanti.

Particolare attenzione viene posta alla formazione continua degli operatori, in particolare riguardo al calcolo delle esigenze idriche dei campi: per fare ciò è necessario a monte uno studio dei terreni, fin dalle loro caratteristiche fisico-chimiche, con particolare riferimento alla loro fertilità, permeabilità e ritenzione idrica.

Golf e sostenibilità: attenzione alla formazione continua

Fin dal 1989, FIG ha istituito al suo interno una funzione dedicata alla tutela delle aree verdi: la Sezione Tappeti Erbosi da allora collabora con università e centri di ricerca in un continuo aggiornamento sulle più moderne ed efficienti tecniche di manutenzione dei manti erbosi.

Oltre alla ovvia cura del green, negli anni la Sezione ha fatto propri gli studi condotti inizialmente negli Stati Uniti e replicati, dal 2001 in avanti, su oltre 20 percorsi di golf italiani: i risultati di queste analisi hanno confermato la stretta relazione tra campi da golf e la conservazione di molte specie di volatili.

In un contesto fortemente urbanizzato, succede che il campo da golf possa essere una sorta di oasi per molte specie; soprattutto durante la stagione di caccia, è capitato più volte che l’area, solitamente chiusa e protetta, sia diventata un rifugio –  improvvisato quanto efficace – per la fauna locale.

La progettazione e la realizzazione di un campo da golf prevede infatti la necessaria e ulteriore presenza di aree verdi incolte o comunque a manutenzione limitata, dove trovano spazio specie rare e meritevoli di protezione.

Oltretutto, gli uccelli sono buoni indicatori della qualità ambientale e possono rappresentare adeguatamente lo status della biodiversità, fornendo un indiretta conferma dei benefici derivanti dalla presenza di un green.

In un’ottica di riconversione ambientale, la realizzazione di un campo da golf può essere la soluzione “verde” per la riqualificazione territoriale di ex-cave o ex-discariche di inerti: diversi green sono sorti su discariche esaurite (Matilde di Canossa, I Fiordalisi, Versilia, Parco dei Medici, Rapallo).

E anche i benefici economici vanno di pari passo: i percorsi di golf costituiscono un’innegabile risorsa economica sia per la comunità locale (si pensi al personale direttamente impiegato e ai rapporti con aziende esterne) sia per le possibili sinergie con l’attività turistica associata.

Contrariamente ad altre discipline sportive, il golf oltretutto non risente di una particolare stagionalità, rendendo possibile uno sfruttamento delle infrastrutture distribuito su gran parte dell’anno.

Golf e sostenibilità: il progetto “Impegnati nel Verde”

Nel 1997, in collaborazione con l’Unione Europea, è nata la associazione non-profit GEO (Golf Environment Organization) che ha l’obiettivo di rilasciare certificazioni ambientali ai campi e Club di golf che soddisfino determinati requisiti.

Oltre a sostenere il programma, Federgolf negli anni ha intrapreso una serie di iniziative di stimolo per i circoli associati finalizzate a una maggior attenzione alle tematiche ambientali. Con il progetto “Impegnati nel Verde” i tecnici della Sezione Tappeti Erbosi, in collaborazione con alcuni docenti universitari, supportano i circoli in un percorso che, passando per step intermedi, può portare alla certificazione ambientale GEO.

I soggetti interessati a intraprendere l’iter devono svolgere analisi e fornire dati relativi a una serie di tematiche quali natura, paesaggio e patrimonio culturale, acqua, tappeto erboso, ciclo dei rifiuti, fonti di energia, educazione ambientale e piano di gestione.

Seguendo l’ottica di miglioramento continuo, una volta rilasciata, la certificazione ha una validità di tre anni, scaduti i quali è necessaria una nuova procedura che verifichi il perdurare delle condizioni necessarie.

Una sfida che la Federazione ha accettato con l’obiettivo di accompagnare tutto il movimento verso una dimensione sostenibile del proprio sport.

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