Da capitale mondiale del gioco d’azzardo a patria dello sport. Si potrebbe sintetizzare così il processo di metamorfosi intrapreso – e in gran parte riuscito – di Las Vegas.
La città del Nevada, pronta a ospitare la fase finale della Emirates NBA Cup, la seconda edizione del nuovo torneo “infra stagionale” del grande basket, fino a una manciata d’anni fa era totalmente fuori dai radar sportivi, non solo mondiali, ma anche statunitense.
Fino al 2018 infatti, la Sin City a stelle e strisce era l’unica grande città USA a non avere una franchigia nelle quattro principali lege sportive statunitensi (NFL, MLB, NBA e NHL).
Anche sull’ospitare gli eventi sportivi, l’approccio era più di natura entertainment, con grandi incontri di pugilato o di wrestling orientati più sulla spettacolarità fronte camere televisive che altro.
Ma il modello di business incentrato sul connubio tra gioco e spettacolo aveva rivelato già troppe fragilità.
Las Vegas è una città che è a tutti gli effetti una cattedrale nel deserto e non ha mai potuto contare su entrate economiche dei grandi comparti industriali.
E così dopo essere uscita con le ossa rotte dalle crisi economiche di fine anni zero e inizio anni dieci, le autorità cittadine hanno valutato seriamente un processo di “diversificazione”, senza rinnegare il passato di capitale del gioco, ma affiancando invece un mercato dal potenziale ancora inespresso per Las Vegas, ossia lo sport.
Las Vegas scommessa sport: lo spartiacque del 2018
Un processo che è stato accelerato anche dalla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che nel 2018 ha annullato il divieto sulle scommesse sportive, dando di fatto ascolto alla pressione delle maggiori leghe professionistiche nonché di diversi stati.
Una scelta a lungo discussa ma che ha avuto il merito di contrastare un sommerso – il betting illegale valeva quasi 150 miliardi di dollari annui – e di dare ossigeno economico alle leghe professionistiche, che hanno potuto siglare nuovamente accordi di sponsorizzazione diretta con attori del betting legale.
La F1 torna a Las Vegas: il Gran Premio vale più del SuperBowl
Tornando a Las Vegas, le prime mosse sono andate nella direzione dell’impiantistica: impossibile attirare grandi squadre e ancor meno grandi eventi senza le strutture necessarie.
Si è partiti con un grande palazzetto, un’arena polifunzionale in grado di ospitare diversi sport.
Nel 2016 viene così inaugurata la T-Mobile Arena, dopo due anni di lavori e 375 milioni di dollari di costi, Las Vegas ha la sua prima struttura sportiva moderna, con 20mila posti nel cuore di Paradise, area attraversata dalla celebre Las Vegas Strip.
Giusto il tempo di tagliare il nastro che partono i lavori per un’altra grande struttura: l’Allegiant Stadium, stadio coperto di ultimissima generazione, costato circa 2 miliardi di dollari, con 70mila posti a sedere e una hospitality corporate/luxury con 128 suite e 44 box.
Dai Golden Knights ai Raiders: le nuove franchigie per Las Vegas
La seconda mossa, dopo essersi dotata delle strutture, per la città di Las Vegas è stata quella di riempirle, andando a colmare la lacuna dell’assenza di franchigie nelle grandi leghe statunitensi.
Con la T-Mobile Arena fresca di inaugurazione, la “città del peccato” ha scelto l’hockey come primo “terreno di gioco” e ha iniziato il pressing sull’NHL per sfruttare la carta dell’expansion team, una franchigia ulteriore rispetto a quelle presenti in lega.
Dopo due anni di trattative, complice anche una fee di ingresso di 500 milioni staccata dal magnate Bill Foley, nella stagione 2017-2018, la città saluta l’arrivo dei Vegas Golden Knights che dopo qualche anno di rodaggio si aggiudicano la prima Stanley Cup nella stagione 2022-23.
Con l’esperimento riuscito con l’hockey, Las Vegas ha alzato la posta, muovendosi sullo sport più seguito negli States, ovvero l’NFL.
Ancor prima che la costruzione dell’Allegiant Stadium fosse ultimata, i Raiders, fino al momento basati a Oakland, avevano deciso che Las Vegas potesse essere una buona casa, complice il voto favorevole nel dare a Las Vegas una nuova franchigia e, contribuendo con 500 milioni di dollari alla realizzazione dell’impianto, avevano iniziato a fare i bagagli.
Nel 2020 si disputa la prima stagione dei Raiders nella Sin City, che si porta così in casa una franchigia con una lunga tradizione sportiva e un palmares di 3 Super Bowl e 15 titoli complessivi.
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Las Vegas scommessa sport: il Super Bowl e la F1
Proprio il Super Bowl, il celebre atto finale della stagione del football americano, è andato in scena a Las Vegas a febbraio 2024, per la sua 58esima edizione.
Un’edizione da record: con 123,4 milioni di spettatori collegati è diventato l’evento sportivo più seguito di sempre degli Stati Uniti, scrivendo nella storia sportiva il nome di Las Vegas.
E la fame di record non si è di certo placata.
Dallo sport americano per eccellenza a uno globale come la Formula 1 che ha sempre visto negli States un mercato particolarmente ostico.
Dopo quasi quarant’anni, il massimo campionato motoristico è tornato a Las Vegas e lo ha fatto lasciando un segno indelebile nella storia della città.
Secondo l’analisi pubblicata da Sport e Finanza, nelle scorse settimane, l’edizione 2023 del GP di Las Vegas ha generato un impatto economico di 1,5 miliardi di dollari, superando il risultato del Super Bowl di cui sopra, “fermo” a 1 miliardo di dollari.
L’ultimo evento di grande respiro per questa in quel di Las Vegas è la fase finale dell’Emirates NBA Cup.
Un torneo che una lega come l’NBA, vera e propria fucina di idee, si è inventata appena un anno fa destando anche malumori tra franchigie e giocatori che vedono un calendario sempre più fitto di appuntamenti.
Ma al di là delle polemiche, più o meno lecite, c’è in palio un trofeo, prize-money per i singoli giocatori, per l’MVP e per il quintetto ideale delle Finals Fours.
E se qualche team ha pensato di dedicare meno attenzione al torneo, tenendo alta l’attenzione sulla regular season e soprattutto sull’accesso ai playoff, non lo ha fatto Las Vegas che, per il secondo anno di fila, si è aggiudicata la possibilità di ospitare semifinali e finali dell’NBA Cup.
Missione NBA: una nuova arena e l’ingresso come franchigia
Una scelta strategica per due motivi: il primo, quello più immediato, affiancare il proprio nome alle prime edizioni del torneo e avere un ritorno economico diretto per il territorio.
Il secondo, più lungimirante, accelerare il processo di ingresso in NBA con una propria franchigia, sfruttando la volontà di espansione della lega.
La Sin City milita già nel campionato femminile, la WNBA, con le Las Vegas Aces che hanno in bacheca 2 titoli WNBA e 3 titoli di Conference ma, la squadra maschile permetterebbe di accedere a uno contesto sempre più globale che vende i diritti media a oltre 7 miliardi di dollari a stagione.
Per avere una propria franchigia in NBA la città – nel senso di stakeholder, sponsor e investitori – è pronta a versare una fee pari a 7 miliardi di dollari.
Una cifra che è ormai all’ordine del giorno nel basket a stelle e strisce.
Mat Ishbia ha acquistato i Phoenix Suns per oltre 4 miliardi di dollari i Washington Commanders sono stati venduti a più di 6 miliardi.
Ma Las Vegas è pronta ad alzare ancor più la posta, puntando a diventare un centro nevralgico del basket.
C’è infatti l’idea di costruire una nuova arena ad uso esclusivo del basket, con un investimento stimato nell’ordine dei 2 miliardi di dollari per ospitare non solo una franchigia titolare della città ma anche in via definitiva l’Emirates NBA Cup e la Summer League.
La rotta tracciata dalla “città del peccato” è molto netta: dare motivi di gioco – nel senso di sport – ai visitatori di ogni angolo del mondo di recarsi a Las Vegas tutto l’anno e, chissà che nei prossimi anni, non si inizi a parlare di Sports City anziché Sin City.
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