Cinquant’anni fa nasceva il Dolomiti Superski. La fondazione dell’area sciistica più vasta al mondo è avvenuta nel 1974 a Corvara in Val Badia, ed ha rivoluzionato l’industria sciistica accompagnandola nel percorso di massificazione.
I ladini Erich Kostner, Erich Kastlunger e Franz Perathoner, affiancati da due giovani milanesi trapiantati in Val Gardena, Gianni Marzola e Sandro Lazzari, hanno messo a terra il progetto dimostrando un’arguta visione imprenditoriale.
Lazzari ha raccontato in un’intervista rilasciata a Repubblica le origini del fenomeno sci e l’idea innovativa che lo ha portato insieme ai suoi soci a fondare il comprensorio.
«Gli impianti di risalita, tramontato lo sci aristocratico di inizio Novecento, si sono affermati sulle Alpi dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ogni paese di montagna piantava su un prato il proprio skilift a motore diesel. L’idea è stata mettere insieme i vicini che si scoprivano concorrenti: con uno skipass unico non è più servito togliersi gli sci ed estrarre il portafoglio prima di ogni pista».
Dolomiti industria sci – L’impatto del comprensorio sulla comunità locale
Un progetto dai profondi risvolti nel tessuto economico-sociale della comunità alpina, che ne ha stimolato la vivacità economica evitandone al contempo lo spopolamento in favore dei centri urbani.
I benefici riscontrati dalla comunità locale sono tangibili: «Da oltre sessant’anni vivo sulle Dolomiti: vedo una natura più curata, ecosistemi migliorati, una società più istruita, diffuso impegno a non sprecare risorse vitali».
Cinquant’anni fa regnavano i campanilismi, mettere a fattor comune le piste ha costituito una svolta e un modello che ha fatto scuola in tutta Europa, indirizzando i binari del settore verso il boom commerciale.
«In sei valli c’erano 250 impianti di risalita e 740 chilometri di piste. Tutto scollegato, ognuno per sé. Oggi sono unite 12 valli, 450 impianti e 1246 chilometri di piste. Si scia su un’area di 3 mila chilometri quadrati. Siamo passati da 5,5 milioni di passaggi e 934 mila skipass a inverno, a 173 milioni di passaggi e 11 milioni di biglietti. Un caso mondiale: in Italia lo sci su pista genera un fatturato annuo da 1,5 miliardi, con l’indotto si arriva a13 miliardi. Unire le forze in Europa è una lezione».z
Dolomiti industria sci – Il nodo della mobilità e le minacce al modello di business
L’Italia rappresenta un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale, ma sconta ancora un gap di competitività con le altre nazioni toccate dalle catene montuose delle Alpi, principalmente per ragioni legate alla mobilità.
«Per la gente non è facile raggiungere le località d’alta quota, tanto più senza l’auto. L’Italia, rispetto a Svizzera, Francia e Austria, sul fronte della mobilità è arretrata. I treni in montagna restano un’eccezione, gli aeroporti scollegati, gli impianti di risalita non vengono percepiti come mezzi di trasporto alternativi. L’impegno verde va concentrato sul diritto a una sostenibile accessibilità alpina».
Attualmente nuove sfide mettono a repentaglio la longevità del modello di business, con il surriscaldamento climatico, le precipitazioni irregolari e il consumo massiccio di risorse naturali che costituiscono una nuova minaccia per l’ecosistema montano.
«La sfida di oggi è mantenere le condizioni, ambientali ed economiche, che grazie al turismo stanno riportando i giovani stabilmente in alta quota. Si continua a investire, in tecnologia e sostenibilità. Imprenditori e sciatori sono uniti dalla fiducia. Anni fa gli scienziati assicuravano che in un trentennio la quota neve si sarebbe alzata di 70 metri. È successo, ma si continua a rientrare sci ai piedi molto più in basso».
Dolomiti industria sci – La neve programmata come risorsa
Lo scii fa da traino per tutto il comparto economico locale, con l’offerta ricettiva ed enogastronomica che dipende in gran parte dalla disponibilità di neve. In tal senso, Lazzari difende a spada tratta l’utilizzo della neve programmata.
«È una necessità. Da metà anni Ottanta si moltiplicano stagioni aride e sbalzi termici invernali. Se impianti di risalita e piste chiudono, alberghi, ristoranti, negozi e aziende non aprono. La neve programmata in Europa è fatta solo di acqua e aria, prodotta da impianti idroelettrici. L’acqua prelevata in autunno dai bacini viene diffusa sugli stessi versanti, congelata fino alla primavera in alta quota. Non defluisce subito verso il mare, alimenta le falde anche in estate: per umanità e ambiente non è un problema, ma una soluzione».
L’utilizzo di neve programmata fa però schizzare i costi, con un sempre più diffuso sentiment tra la popolazione che sciare stia ritornando, seppur per ragione diverse, uno sport riservato a pochi.
«Sicurezza, qualità e continuità del servizio hanno un prezzo. Da anni per gli impiantisti l’aumento dei costi supera quello dei ricavi. Il prezzo dello skipass giornaliero per adulti, analizzato dalle comparazioni di mercato, corrisponde solo al 20% del fatturato. Giovani e famiglie, specie se restano in montagna più giorni, pagano come dieci anni fa».
Lo sguardo rivolto verso il futuro: l’impegno a tutela della montagna
Nonostante sia un veterano della montagna, alla veneranda età di 86 anni Lazzari rimane con lo sguardo puntato verso il futuro: «Immaginarlo è difficile, sognarlo si può. Sogno che la neve possa contribuire ancora allo sviluppo sociale e alla cura dell’ambiente. E che lo sci resti per tutti una storia di successo. Senza neve non possiamo vivere, è un prodigio naturale.: usarla e salvarla è il cuore della nostra missione».