Fabris: «Il volley italiano è sul tetto del mondo, ma le istituzioni devono supportarci»

Il presidente della Lega Volley Femminile racconta in un’intervista esclusiva a Sport e Finanza il percorso e le sfide che hanno portato la pallavolo femminile italiana al successo olimpico.

Mauro Fabris, LVF
L'intervista
Mauro Fabris, presidente LVF. Image credit: Lega Volley Femminile

L’oro olimpico incorona il successo di un movimento, quello del volley femminile, partito da molto lontano. Un percorso che Mauro Fabris, presidente della Lega Pallavolo Femminile dal 2006, ha disegnato passo-passo, con piccole e grandi battaglie, combattute con metodo e convinzione. Con scelte controcorrente diventate poi sfide vinte, come l’impegno contro il doping amministrativo o intuizioni che hanno precorso i tempi, come il lancio di una OTT proprietaria della Lega, addirittura nel 2015.

Fabris è uno dei principali artefici della crescita del volley nelle ultime due decadi e ha contribuito a rendere il campionato di pallavolo femminile italiano, l’equivalente della Premier League inglese nel calcio: il palcoscenico più prestigioso che tutti gli atleti vogliono calcare.

Domanda. Certifichiamo lo stato di salute del movimento volley nel suo complesso con i numeri. Oltre 334mila tesserati FIPAV (di cui 258mila atlete) e circa 1,4 milioni di praticanti. Come presidente della massima serie da lungo tempo, come valuta questa dinamica?

Risposta. Io posso permettermi di sottolineare i numeri del movimento femminile che evidenziano una crescita costante. E la medaglia olimpica, che rappresenta il massimo punto di arrivo, per ora, rappresenta bene questo trend che però è frutto di un lavoro sistemico.
Le società hanno maturato la capacità di fare investimenti sul lungo periodo che comportano una crescita complessiva, non solo dal punto di vista tecnico e agonistico. I club si sono strutturati e la figura del “mecenate” che investiva nella squadra della sua città è stata sostituita da brand che investono perché ricevono attenzione di un pubblico sempre più ampio, quello femminile senz’altro, ma anche le famiglie e le generazioni più giovani.
Poi, certamente, le nostre atlete vanno a Sanremo, a Ballando con le stelle o sono testimonial di Armani ed un ulteriore booster al movimento. Ma se quest’anno abbiamo iniziato la stagione con un +40% di abbonamenti e i palazzetti sempre pieni non è un risultato casuale, è frutto di un percorso.

D. Le tredici campionesse che, guidate da Julio Velasco, hanno conquistato l’oro olimpico a Parigi militano tutte nella Serie A1 italiana. Quanto vi sentite partecipi di questo successo e, soprattutto, ritenete vi sia stato riconosciuto?

R. A livello di Federazione, il successo è stato ampiamente riconosciuto. Negli anni, con la Federazione, abbiamo sviluppato una profonda capacità di interagire e trovare punti d’accordo anche dopo scontri molto lunghi. Un esempio di dialogo costruttivo è stato accettare il Club Italia (nato con lo scopo di far crescere i talenti nazionali N.d.R.) in cambio di limitare la presenza di atlete straniere in campo a quota tre. Ma tornando al successo olimpico, il vero merito è da attribuire ai club e mi riferisco sia a chi milita in A1 che in A2 che vedo come un organismo unico. È grazie a loro che abbiamo creato un ambiente competitivo, che si sfornano talenti italiani e che le migliori atlete del mondo vogliono giocare in Italia. Non è casuale che nella passata stagione a livello europeo tutte e tre le principali coppe sono state vinte da club italiani.

D. Se con la Federazione il dialogo è costruttivo dove invece manca il supporto e, soprattutto, quali sono le istanze per mantenere florido il movimento?

R. Quello che manca è il riconoscimento e il supporto istituzionale. Al di là del ministro Abodi, che non sottovaluta l’importanza del nostro sport, non riceviamo alcun tipo di aiuto. Non viene recepito il fatto che questo sport vive grazie all’impegno di sponsor e privati che investono in media 4-5 milioni di euro per tenere vive le società. I palazzetti sono pieni e facciamo buoni numeri in termini di ascolti ma il 90-95% delle necessità economiche di un club vengono coperte da privati. Intentiamoci, noi non chiediamo soldi, vorremmo solo che ci fossero interventi fiscali, applicando quindi la defiscalizzazione per le sponsorizzazioni sportive. Questo sarebbe di aiuto e non sarebbe altro che l’applicazione del principio di sussidiarietà.

D. Come abbiamo anticipato lei ricopre il ruolo di presidente da lungo tempo, più precisamente dal 2006. Come è cambiato il volley in questi anni e quali sono le milestone del suo percorso?

R. Quando sono arrivato non c’erano sponsor, non c’erano emittenti e la realtà di vertice era “indistinta”. Con i club ho avviato un percorso di crescita e grazie al loro impegno l’abbiamo reso strutturale. Abbiamo iniziato a organizzare eventi, dato in outsourcing la raccolta pubblicitaria e, grazie all’accordo con Giovanni Carnevali (amministratore delegato e direttore generale di Sassuolo Calcio N.d.R.) e Master Group Sport, abbiamo portato investitori.

Ho sempre insistito per portare la pallavolo di vertice dove non c’era. Così abbiamo disputato finali di Coppa Italia a Catania, a Trieste e a Paestum ma anche l’apertura di campionato a Courmayeur. Ho lavorato molto anche sulla A2 che, per preparare la salita in A1, deve essere estremamente competitiva.

Ma forse una delle cose di cui sono più fiero, per cui in molti mi hanno criticato, definendomi “sceriffo” è stata la battaglia sul doping amministrativo. In passato c’erano club che club che drogavano il mercato, vincevano – non pagavano le atlete – e sparivano. Dal punto di vista civilistico la società saltava ma poi si iscrivevano al campionato con un altro nome. Ho introdotto il sistema di penalizzazioni sportive per chi non fosse regolare nei pagamenti e questo sistema è entrato nel regolamento federale. Nel calcio ci sono arrivati molto dopo, con il Fair Play Finanziario.

D. Una delle intuizioni più determinanti riguarda l’introduzione del live streaming della Serie A1 e il conseguente lancio della piattaforma dedicata, di una “web-tv”, avvenuto addirittura nel 2015. Come è nata questa idea?

R. Non avevamo canali per rendere visibile il movimento. La RAI aveva pochi spazi e le tv criptate non rispondevano alla nostra esigenza. Ma noi avevamo il bisogno vitale di farci conoscere. Così nel 2015 abbiamo avviato il live streaming delle partite e lanciato la LVF TV, la web-tv ufficiale della Lega Pallavolo Serie A femminile. Questo è valso l’interessamento della Federazione Mondiale – grazie anche all’avere già una rete di commentatori, service e strutture cablate – che ha rilevato le nostre trasmissioni, per la sua piattaforma: siamo stati il primo campionato a essere trasmessi.

Ora siamo trasmessi da DAZN e Volleball World e su Sky per quanto riguarda le competizioni europee, il che garantisce una copertura pressoché totale. E da questa stagione anche la RAI ha raddoppiato la sua copertura.

D. Nel suo lungo Curriculum non c’è solo la pallavolo ma anche tanta attività politica con numerose cariche governative. Come è confluita questa esperienza nel mondo dello sport?
R.
Nel 2006, ero ancora in Parlamento (fino al 2008 N.d.R.), viene da me il presidente del club della mia città, Vicenza. Mi racconta che a livello di Lega non riuscivano a mettersi d’accordo su nulla e che questo stava rallentando la crescita del movimento, non riuscendo a essere autorevoli con il CONI, i media e la Federazione.
All’inizio provo ad allontanare “l’amaro calice” e gli chiedo di portare i voti di tutti per la mia presidenza.
La cosa puntualmente avviene (ride N.d.R.) e inizio un’esperienza davvero appagante, scoprendo un ambiente sano, senza doping, violenza, scommesse.
Ho conosciuto e girato l’Italia, prima con la politica certamente, ma soprattutto con la pallavolo.
Se all’inizio avevo dei dubbi, nel corso degli anni ho maturato grande convinzione e contribuito a migliorare il clima interno e alla capacità di lavorare insieme. Ora sono all’ultimo mandato, abbiamo una norma interna che lo prevede ma posso dirmi soddisfatto che le scelte intraprese hanno portato i risultati attesi.

D. Qual è il prossimo futuro per la Lega Volley Femminile? Quali obiettivi si augura anche al termine del suo mandato?

R. Siamo destinati a crescite ulteriori. Siamo alla vigilia di importanti scelte sulle sinergie da creare e dobbiamo scegliere con cura i soggetti che ci accompagneranno per i prossimi anni, visto che abbiamo diritti media e tv in scadenza. Ora abbiamo consapevolezza di valere molto di più che in passato e questo momento va monetizzato perché è anche tempo che retrocediamo risorse ai nostri club.

Già prima delle Olimpiadi si erano avvicinati soggetti, anche fondi di investimento, che si sono candidati per acquisire i diritti, anche internazionali, per il betting legale, le dotazioni tecniche, e via discorrendo. Sono tutti aspetti che voglio gestire al meglio in questi ultimi anni di mandato. Il mio obiettivo ultimo è creare una struttura societaria, una Lega Servizi, parallela e capace di gestire tutti i diritti. Tutto insieme, dai diritti tv al merchandising, fino all’attrezzatura e alla ristorazione nei palazzetti. Così da offrire servizi e assistenza ai club e dare importanti tutele alle atlete.

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