I Giochi di Parigi, iniziati il 26 luglio scorso, presentano due elementi di discontinuità rispetto alle precedenti edizioni.
Del primo aspetto, Sport e Finanza si è occupato nei giorni scorsi, sottolineando come la gran parte degli impianti che ospiteranno le gare siano pre-esistenti rispetto ai Giochi oppure ospitati in strutture temporanee, pronte ad essere “smontate” a fine estate.
Si è molto parlato dei soli 3 nuovi impianti costruiti per l’evento, che oltretutto andranno a soddisfare fabbisogni specifici dei quartieri in cui sono stati costruiti.
Ma è il secondo aspetto a essere meritevole di analisi e considerazioni.
La concentrazione di gare all’interno di pochi km quadrati rappresenta il marchio distintivo di questi Giochi: l’80% circa degli impianti infatti si trova racchiuso in un raggio di 10 km.
Un ideale cerchio che come centro ha il Villaggio Olimpico e che abbraccia idealmente tutti gli atleti coinvolti.
Puntuali e sostenibili: gli investimenti infrastrutturali dei Giochi 2024
Parigi 2024 sostenibilità: la “densità abitativa” aiuta a raggiungere gli obiettivi
Concentrare impianti, terreni di gioco e relative gare in uno spazio ristretto ha un effetto positivo sulla sostenibilità. Perché? La risposta è tanto logica quanto banale: perché per passare da un impianto all’altro le persone (atleti, staff, media, spettatori) devono coprire piccole distanze, facilmente percorribili con mezzi pubblici quando non a piedi.
Meno macchine, meno treni, meno aerei che collegano località tra loro lontane centinaia di chilometri.
Gli studi di preparazione ai Giochi di Parigi raccontano di obiettivi che, al momento, hanno tutte le caratteristiche per essere raggiunti. La promessa degli organizzatori di dimezzare le emissioni rispetto a Londra 2012 (fino ad oggi un vero e proprio benchmark di riferimento per grandi eventi sportivi) è ambiziosa e, se sarà realizzata, molto dovrà alla scelta strategica di concentrare un alto numero di competizioni nel centro della capitale francese.
Oltre al ricorso a forme di energia green, all’attenzione al cibo a km zero e all’uso massiccio dei mezzi pubblici, l’organizzazione di Parigi 2024 ha pensato a campagne di carbon offset per compensare le emissioni non altrimenti riducibili.
Interventi simili stanno ormai diventando una best practice di qualunque manifestazione che abbia a cuore la propria sostenibilità.
Sono diversi gli strumenti in grado di misurare la cosiddetta carbon footprint di un evento, così come svariati sono gli enti che contribuiscono alla ripopolazione di foreste e piantumazione di nuovi alberi.
Con questi presupposti, in linea teorica non c’è limite al numero di emissioni che si possano compensare, tanto che qualcuno ha addirittura parlato di Giochi a impatto zero.
Un’affermazione probabilmente esagerata, che non ha mancato di suscitare reazioni critiche a raffreddare le ondate di ottimismo: in particolare l’esperta di ecologia dello sport Madeleine Orr, docente alla Loughborough University del Regno Unito, ha definito le politiche di carbon offset come una «opzione accettabile»; tuttavia ha aggiunto una chiosa che sta a metà tra la saggezza e l’ovvietà: «l’evento più sostenibile è quello che non si verifica».
Il ragionamento va oltre: gli ultimi Giochi di Tokyo, caratterizzati dai postumi della pandemia, hanno richiamato un bassissimo numero di spettatori (nell’ordine di 10mila, praticamente staff e “famiglia olimpica”), se paragonati alle edizioni precedenti, senza che ciò si tramutasse in minori ascolti televisivi (con un’audience, secondo il CIO, superiore a 3 miliardi di persone).
Non sono pochi gli esperti che vedrebbero con favore un minor afflusso di pubblico alla kermesse olimpica. Visto il peso specifico degli spostamenti ai fini della sostenibilità ambientale dell’evento, meno spettatori vorrebbe dire meno inquinamento,
D’altra parte, nessun evento sportivo può dirsi davvero tale senza il coinvolgimento del pubblico: il classico caso di trade-off, con la ricerca di un equilibrio tra due esigenze tra loro antitetiche.
Parigi 2024 sostenibilità: gli investimenti sostenuti e la strada ancora da fare
Sgombrato il campo da eccessi di ottimismo, resta l’immane lavoro portato avanti dagli organizzatori: tra i tanti investimenti, basti pensare agli 1,5 miliardi di euro spesi negli ultimi anni per rendere balneabili le acque della Senna, in una vera e propria corsa contro il tempo che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – vedere i nuotatori sulla lunga distanza, tra cui il nostro Gregorio Paltrinieri, disimpegnarsi tra rive gauche e rive droite del fiume parigino.
Con i Giochi iniziati da pochi giorni, è senz’altro presto per fare bilanci: tuttavia, sarà interessante verificare se i propositi contenuti nei tanti Report di preparazione alle Olimpiadi saranno rispettati.
Per tornare a uno degli impianti realizzati per le Olimpiadi, costruire un centro per il nuoto in quartiere come St. Denis, dove un bambino su due non sa nuotare, è un’intuizione strategica, che combina l’esigenza momentanea di mettere a disposizione degli atleti un’infrastruttura all’altezza delle aspettative con la visione di lungo periodo di regalare al quartiere un centro che possa essere di aggregazione e di insegnamento per i più giovani.
Solo il tempo dirà se un impianto sportivo sarà stato capace di cambiare faccia e abitudini della comunità che la utilizzerà.
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