Come ogni anno è tempo di playoff negli Stati Uniti. Terminata la regular season (e da quest’anno anche l’In-Season Tournament) ecco che incombono le Finals, dove i pronostici si azzerano e le stelle devono brillare.
Intanto il business della pallacanestro continua a crescere tra nuovi format, accordi rinnovati e una globalizzazione che ormai abbraccia tutto il mondo.
La NBA, National Basketball Association, è una delle leghe sportive più grandi e influenti al mondo seconda solo all’NFL in quanto a fatturato annuo con un business da 11 miliardi di dollari.
Tutto ciò avviene grazie alle intuizioni che ogni anno stanno avvicinando nuovi sponsor, nuovi spettatori e quindi ulteriori ricavi. La tanto bistrattata Nba Cup ha prodotto sì polemiche da una parte, ma ha visto anche l’ingresso di nuovi distributori internazionali come Apple, Youtube Tv e Amazon Prime.
La platea dunque si allarga, arrivano nuovi tornei, nuove regole ed aumenta lo spettacolo.
NBA fucina idee: L’esordio della NBA Cup, bilancio positivo
Il 2024 è stato l’anno dell’esordio per la NBA Cup, il nuovo torneo voluto dalla lega americana che si è disputato nel bel mezzo della regular season e ha visto vincere i Lakers sui Pacers in quel di Las Vegas. Oltre al successo dell’intramontabile Lebron James è stata una vittoria per Adam Silver, commissioner dell’NBA (che si è autonominato MVP al termine della finale). La coppa, tanto criticata al momento della pubblicazione, ha registrato un successo di pubblico nei palazzetti (18mila spettatori di media), di ascolti in tv (+26% sulle reti nazionali, +20% su quelle locali e +25% sul League Pass rispetto al novembre dello scorso anno) e anche di visualizzazioni sui social media.
Hanno funzionato i premi in denaro e ci sarà da discutere di un possibile beneficio sul campo (si parla di una possibile scelta al Draft, la 31). Il format deriva dalla vecchia Europa, dalle coppe nazionali nostrane, ma dallo spettacolo ben differente. I punteggi e il calcolo del differenziale hanno dato lustro anche a partite già senza valore anche se a fare la differenza, come ammesso dai giocatori, è stato sicuramente il prize money, nonostante un salario medio nell’NBA di 10 milioni.
NBA, è tempo di playoff: Celtics e Lakers in corsa per il primato storico
NBA fucina idee: i ricavi 2023 a quota 11 miliardi
L’ottimo stato di salute della NBA è testimoniato da un totale di entrate annue da capogiro, secondo soltanto alla NFL. Come riportato da Forbes si tratta di valore che esponenzialmente è salito in questi anni, con la cifra minima per entrare a far parte delle trenta franchigie che salirà intorno ai 4-5 miliardi dollari (meno di quattro anni fa la cifra era sui 2,5 miliardi di dollari). Il valore medio di una squadra Nba si attesta oggi sui 3,85 miliardi di dollari, per un aumento del 35% rispetto a un anno fa e del 75% rispetto al 2019.
Gli introiti provengono per il 41% dai contratti televisivi, che da solo comporta 2,66 miliardi di dollari l’anno e che scadrà nella prossima stagione (per il rinnovo si parla di cifre che salgono del 100/150% e quindi con entrate attese tra i 6 e i 7 miliardi). Un altro 41% deriva invece dalle sponsorizzazioni, in netta crescita rispetto all’anno scorso con ben 1,66 miliardi per il 2022-2023 (1,3% in più rispetto all’anno precedente secondo IEG). Qua rientrano i nuovi accordi con Sorare, Hisense, gli accordi delle singole squadre (Chicago con Motorola e San Antonio con Self Financial) e anche le nuove sponsorizzazioni globali delle partite di preseason di Abu Dhabi. Qua ci passano pure gli sponsor per i videogiochi (2K), le bevande (Pepsico), i computer (Microsoft) e anche la firma di una compagnia aerea come partner globale (Emirates).
Un 26% (pari a 2,9 miliardi) è poi occupato dalla vendita dei biglietti (+2%). Il costo medio è ovviamente amplificato dalle arene più “in” come Los Angeles o New York dove una prima fila costa sui 3.000 dollari. Un ulteriore 13% (1,4 miliardi di dollari) deriva poi dagli accordi locali di ogni franchigia per la trasmissione TV delle partite, oltre ai contratti nazionali con Disney (ABC e ESPN) e Warner Bros. Discovery (TNT). Ci sono poi gli sponsors locali, e in particolare il Title Name dell’arena: dalle banche (Barclays a Brooklyn, Chase a San Francisco) alle compagnie aeree, aziende informatiche e criptovalute che pagano a caro prezzo per vedere il proprio nome sul palazzetto. Stesso discorso per gli sponsor sulla maglia da gioco, novità introdotta solo dalla stagione 17-18 (il più esoso è l’accordo da 30 milioni pagato da WeBull sulle magliette dei Nets). L’ultima spesa (875 milioni) riguarda il posto auto, il merchandising, e tutto il contorno partita per godersi a pieno un esperienza sensazionale e molto cara.
Valori delle squadre: la classifica
Una crescita che riguarda anche i ricavi annui per le singole squadre, con una media che si attesta sui 353 milioni di dollari per squadra, anche se il reddito operativo è diminuito del 22% a causa dell’aumento degli ingaggi dei giocatori.
Per quanto riguarda invece i valori squadra per squadra, possiamo notare come i Golden State Warriors si attestino al comando per il secondo anno consecutivo, 7,7 miliardi di dollari (10% in più rispetto ad un anno fa), seguiti poi dai Knicks (6,6 miliardi) e i Lakers con 6,4 miliardi.
Qui la classifica completa:
La strategia vincente dell’NBA: tra format rinnovati e nuovi mercati da approfondire
Pensare, immaginare e alla fine scommettere. Questi gli imperativi di una NBA in continua evoluzione che continua a stupire nel bene e nel male. Un esempio è l’All-Star Game, un weekend all’insegna delle stelle ma che da qualche anno vive il problema della poco attrattività e competitività. “Non ci aspettiamo l’intensità di una partita di playoff, ma quanto meno quel livello di competitività che i tifosi desiderano”, queste le parole di Adam Silver alla vigilia dei nastri di partenza di questa stagione nonostante un livello di audience migliorato nel 2023. Infatti nell’All-Star Weekend di Salt Lake City si sono registrati un miliardo e mezzo di visualizzazioni e la gara di schiacciate vinta da Mac McLung è stata la più vista di sempre.
Tradizioni che si confermano e si rinnovano e format che si adattano alle nuove necessità. È il caso del play-in, introdotto nel 2020 e che mette in palio gli ultimi due posti per i playoff e che è ormai definitivamente entrato a far parte del finale di stagione della pallacanestro americana.
Un altro tassello da puntellare è quello dei mercati esteri, con la già consolidata gara di Parigi diventato ormai un appuntamento classico, quest’anno si è aggiunta pure la sfida tra Hawks e Magic a Città del Messico. La globalizzazione del marchio rimane dunque un aspetto decisivo per la crescita dell’NBA, e qui molto si gioca sul fatto di avere tanti giocatori stranieri nei vari roster. Primo su tutti il nuovo simbolo NBA, Nikola Jokic, ma poi il greco Antetokounmpo e Wembanyama. Tutti giocatori europei che hanno visto crescere l’audience e gli interessi del vecchio continente verso l’NBA (+50% di spettatori in Serbia).
In un’intervista rilasciata alla CNBC, Samantha Engelhardt, vicepresidente senior della strategia globale e dell’innovazione della NBA, ha stabilito i tre punti chiavi del piano internazionale americano:
- Sensibilizzazione globale dei bambini (vedi programmi come Basketball Without Borders e Nba Basketball School)
- Giochi dal vivo più accessibili – in questo senso la lega ha istituito l’iniziativa “Nba Saturdays and Sundays” anche per facilitare la visione in Europa e in quei paesi con un fuso orario diverso dagli Stati Uniti
- Focus di mercato più nitido – il 70% dei follower della lega proviene da fuori USA. In Brasile, Prime Video (media partner ufficiale) trasmetterà in esclusiva 123 partite della regular season con anche la diretta dalla NBA Store Arena di San Paolo del match inaugurale. Altri obiettivi sono il mercato asiatico, con l’India e le Filippine che hanno generato il record di spettatori e visualizzazioni social.
Il futuro della NBA in palio: un draft da 6 milioni
22,234,502 spettatori, 791 sold-out e una capacità di riempimento del 97% (cifre della stagione 2022-23). Basterebbero questi dati per testimoniare la grandezza dell’NBA. Se poi vogliamo pure servirci del “carico” ecco che possiamo parlare del Draft, quell’antica formula nata nel 1947 e che ha visto passare le più grandi stelle della pallacanestro. Elvin Hayes (1968), Kareem Abdul-Jabbar (1969), Bill Walton (1974). Un segno di svolta arriva nel 1984 quando Hakeem Olajuwon diventa il primo giocatore non americano ad essere scelto come numero uno del Draft 1984; nel 2002 Yao Ming diventa il primo asiatico e Andrea Bargnani il primo giocatore europeo nel 2006. Ma il regolamento è cambiato nel corso degli anni, fino alla presa di posizione a favore dei college nel 2005 quando fu stabilita l’età minima di 19 anni e costringendo di fatto a trascorrere almeno un anno al college oppure firmare nei professionisti.
L’ultimo grande evento Draft è avvenuto nel giugno del 2023 quando una folla di 3,74 milioni di spettatori ha assistito su ESPN e ABC alle scelte dei vari team. Un numero incredibile che è valso il record più grande mai registrato (superando di 5mila spettatori quello del 2015) e un aumento del 23% rispetto alla stagione precedente. Il punto più alto si è verificato alla nomina di Wembanyama dai San Antonio Spurs con un picco di 6,09 milioni di spettatori.