Giacomini, Infront: «Il solo calcio non basta, diversificare è indispensabile»

Se un tempo Infront era principalmente Serie A ora è un player multi-sport che lavora in maniera sinergica con le tante realtà della sport industry, dal marketing alla creazione di eventi, sino all’innovazione digitale. Alessandro Giacomini, Managing Director di Infront Italy racconta piani e progetti dell’azienda.

Alessandro Giacomini, Managing Director Infront
L'intervista
Credit image: Infront Italy

Dalla gestione e la commercializzazione dei diritti televisivi, alle strategie multicanale. Dalle attività di operations sugli eventi alla produzione di contenuti. Mantenendo alta l’attenzione al capitolo dell’innovazione tecnologica, sempre più presente in ogni ambito.
Se in passato Infront poteva reputarsi l’azienda pioniera del marketing sportivo oggi il paniere delle attività messe al servizio della sport industry rappresenta un universo sempre più sfaccettato e in costante evoluzione.

Per conoscerne i piani e i progetti di sviluppo ma anche comprenderne la visione e gli scenari futuri, ne abbiamo parlato con Alessandro Giacomini, Managing Director di Infront Italy.

Domanda. Come descriverebbe le attività di Infront a chi non ha idea di quanto sia diversificato il vostro business?

Risposta. Infront è una grande azienda, con un respiro fortemente internazionale. Questa premessa è doverosa per spiegare come ogni progetto, ogni area di sviluppo, ogni innovazione tragga benefici dall’expertise che portano le persone che in Infront lavorano.
Noi lavoriamo con tante realtà diverse della sport industry, ognuna con esigenze e desiderata diversi; quello che facciamo con tutte però è un accordo di sviluppo, un ragionamento condiviso su un percorso di crescita. Penso a quanto fatto con l’Hellas Verona, club con il quale abbiamo lavorato sia in ambito marketing – focalizzandoci sulla visibilità – ma anche sull’hospitality, più che raddoppiata con il nostro contributo. O ancora il lavoro che stiamo facendo con Lega Basket Serie A: siamo partiti da un’analisi di valore economico, valutando l’andamento passato e le proiezioni future e siamo arrivati a gestire i diritti televisivi internazionali e la copertura mediatica lato social, in particolare con il canale YouTube.

Ma non solo. Abbiamo lavorato intensamente fianco a fianco sul modello delle Final Eight di Coppa Italia e abbiamo costruito attorno alla manifestazione tutta una serie di eventi, sia a latere, nei giorni della competizione, sia nei periodi che precedono e seguono, incontrando le imprese e le realtà del territorio.

D. Lei arriva in Infront nel 2015; quali sono le milestone del suo percorso attraverso un contesto di forte evoluzione digitale?

R. Fare meglio di chi mi ha preceduto (l’ex presidente Infront Italy Marco Bogarelli N.d.R.) è ed è stato veramente complicato. Quello che ho cercato di perseguire in questi anni è stato senza dubbio la diversificazione.
Se un tempo Infront in Italia era principalmente Serie A, negli anni ho cercato di sviluppare tanti altri prodotti: la LBA di basket di cui sopra, ma anche la Serie B o la Maratona di Roma, senza dimenticare gli Open di Golf o ancora progetti che rappresentano veri e propri investimenti come quello con Hyrox e il suo modello innovativo con la creazione di una community internazionale fino ad arrivare alla partnership con la FISI, con la quale abbiamo un accordo fino al 2030 per un percorso di crescita veramente importante.

D. Quali possono essere le nuove frontiere di questa evoluzione? L’intelligenza artificiale, ad esempio, può trovare applicazioni concrete nel mondo dello sport?

R. L’area Digital nel suo complesso è decisamente una unit importante per noi.
Abbiamo un pool dedicato che lavora quotidianamente nell’esplorare le possibilità che arrivano dalla realtà aumentata e dall’intelligenza artificiale.
Sono ambiti di cui si parla tanto ma di cui c’è ancora poca conoscenza; noi cerchiamo di capire come applicarla, ovviamente negli ambiti nei quali possiamo e vogliamo dire la nostra, ossia media e marketing, studiando possibili integrazioni con le community di spettatori e con gli sponsor.

D. Atletica, basket, sport invernali. E ancora tennis, golf, running e motorsport. Manca qualche disciplina all’appello nel paniere Infront? E invece dove ravvede un potenziale ancora inespresso sul mercato italiano?

R. Lo sport di per sé rappresenta sempre una crescita di valore, qualunque esso sia. I ricavi sono fondamentali, è innegabile, ma il nostro intento è sempre quello di contribuire a fare un salto qualitativo nell’impostazione, nel cambiamento della proposta della fruizione e della gestione dello sport, per il bene dello sport. Parliamo di un motore di crescita esponenziale, di cui le persone hanno bisogno.
Quando lo sport racconta alti livelli – e lo esprime al meglio – crescono gli appassionati, gli iscritti e i tifosi. Noi cerchiamo di fare questo, che si tratti di basket, maratona o sport invernali, fino ad arrivare al calcio.

D. Rivestite il ruolo di consulente media per la Serie A dal 2010 e di recente avete rinsaldato la partnership con un accordo per la diffusione dei diritti in Asia. Come viene percepito il nostro massimo campionato all’estero?

R. La Serie A, per i suoi club, la sua storia e la sua tradizione è sempre importante e viene percepita all’estero. Il suo appeal e il suo fascino è ancora percepito fortemente fuori dai confini nazionali. Esportare questa storia, questo racconto è un qualcosa che va fatto costantemente, su ogni mercato che manifesta anche un piccolo interesse, in ogni angolo del mondo.

D. In termini di diritti televisivi la Serie A si è assicurata, anche per il ciclo 2024/2027, introiti dai broadcaster per poco più di 900 milioni di euro annui. La Premier League ha un “valore”, sempre per quanto riguarda i diritti tv, di 1,95 miliardi di euro a stagione: quasi il doppio. Come è possibile, se non colmare questo gap, recuperare terreno?

R. Ribadisco che il nostro massimo campionato ha fascino e appeal, non sono questi gli aspetti che mancano. Si potrebbe ragionare su un percorso evolutivo, pensando a un nuovo posizionamento del calcio, un ripensamento a livello sistemico, caratterizzato dall’innovazione.
Lo stanno facendo a livello continentale con le coppe europee, in particolare con il nuovo format di UEFA Champions League che debutterà la prossima stagione, sul quale si è molto dibattuto: se porterà benefici o meno non è ancora dato di sapere ma senz’altro si è alimentato il fattore curiosità.
Poi bisogna interrogarsi sul cambiamento degli spettatori, che è anche un fattore generazionale. Per i giovanissimi, abituati a fruire contenuti in grande quantità e soprattutto velocemente, i 90 minuti di partita si rivelano tanti da digerire.
Si potrebbe puntare su elementi di richiamo, gli highlights e le azioni salienti, da distribuire su piattaforme varie.
È un qualcosa su cui si sono attivati in diversi sport e sul quale la Serie B sta facendo delle riflessioni importanti.
Potrebbe rappresentare uno strumento per coinvolgere le generazioni più giovani e far maturare quel sentimento di attaccamento che ha sempre caratterizzato il calcio.